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GAM: Game Changer

GAM: La paura del nuovo si distribuisce equamente nelle due rivoluzioni gemelle, quella della tecnologia informatica e quella biotecnologica che “potrebbero ristrutturare non soltanto le economie e le società ma anche i nostri corpi e le nostre menti”.


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A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR


Genenta, azienda specializzata nello sviluppo di terapie geniche finalizzate al trattamento dei tumori, sarà ospite di GAM Italia al Salone del Risparmio 2023

La grande costante della storia è che tutto cambia. In principio fu un asteroide. La collisione con il nostro pianeta circa sessantacinque milioni di anni fa fu il primo, grande cambiamento che modificò radicalmente l’evoluzione terrestre, scomparvero i dinosauri e l’80% delle specie animali e vegetali della terra. L’homo sapiens moderno apparve circa 70.000 anni fa e in tutti questi millenni è stato il più importante agente del cambiamento nell’ecosistema globale. Viviamo l’epoca dell’Antropocene, l’uomo e le sue attività modificano il territorio, l’ambiente, il clima.

Dalla comparsa dell’homo sapiens il cambiamento è stato la costante del progresso della civiltà ma gli eventi che hanno radicalmente modificato la traiettoria della storia, i cambi di paradigma in senso kuhniano, si contano sulle dita: la rivoluzione agricola, la fine dell’impero romano, l’invenzione della stampa, la scoperta dell’America e le tre rivoluzioni, quella francese, quella scientifica e quella del silicio. Tutti fenomeni “disruptive” nei quali nuove tecnologie o nuovi modi di concepire l’organizzazione sociale costituirono una cesura netta con il passato.

La domesticazione di piante e animali nella rivoluzione agricola di dodicimila anni fa mise fine alle pratiche nomadi delle orde dei cacciatori e raccoglitori e fu la premessa delle prime forme di organizzazione sociale; la fine dell’impero romano trasformò l’Europa in un effervescente e sanguinoso crogiuolo di scambi, integrazioni e contaminazioni tra popoli e culture; l’invenzione della macchina da stampa di Gutenberg a metà del secolo XV favorì il successo della Riforma di Lutero ma soprattutto cambiò radicalmente la fruizione della cultura, spazzò via professioni consolidate (i copisti) e istituì nuove professioni e attività (le tipografie).

Il progresso dell’umanità ha proceduto su incessanti cambiamenti, gli strumenti in metallo hanno sostituito quelli in pietra e qualche millennio dopo i software di elaborazione testi hanno rottamato le macchine da scrivere. L’economista austriaco Joseph Schumpeter riconobbe nel processo di mutazione industriale il cambiamento continuo della struttura economica che “distrugge senza sosta quella vecchia e ne crea sempre una nuova”. La “burrasca della distruzione creativa” di Schumpeter è parente stretta con l’innovazione “disruptive” di cui parlarono per la prima volta Clayton Christensen e Joseph Bower nel 1995.

Possiamo tradurre il termine “disruptive” con “distruttivo”, “dirompente”, “devastante”, gli autori dell’articolo si riferivano a quelle innovazioni in grado di modificare radicalmente un consolidato modello di business, di riscrivere i termini della competizione commerciale, di stravolgere le abitudini di acquisto dei consumatori o il loro modo di utilizzare servizi. La rivoluzione “disruptive” che ha cambiato le nostre vite è quella del silicio. In principio erano grandi e costosissimi elaboratori conservati in università o istituzioni governative, poi fu il personal computer che, come la stampa a caratteri mobili, facilitò l’accesso di migliaia di persone a funzionalità riservate ai grandi elaboratori, poi furono internet, la connettività mobile, l’intelligenza artificiale. È soprattutto l’intelligenza artificiale motivo di interesse del colto pubblico (gli investitori) e causa di inquietudine nell’inclita guarnigione (le pubbliche opinioni). Ansie alimentate anche da un fortunato filone cinematografico che preconizza futuri distopici nei quali comandano le macchine.

Il primo a portare sullo schermo la paura del sopravanzare delle macchine fu Stanley Kubrick in “2001:Odissea nello Spazio”, era il 1968. Trent’anni dopo le medesime paure sono rappresentate dalle sorelle Wachowski nella trilogia di Matrix. Non c’è motivo di sorprendersi, l’avanzamento tecnologico ha sempre generato resistenze e paure, Ned Ludd distruggeva i telai meccanici e il New York Times osteggiava l’invenzione del telefono perché avrebbe invaso la privacy delle persone. Anche l’invenzione della radio incontrò l’ostilità di quanti temevano che avrebbe distrutto la lettura e la conversazione, forse gli stessi che qualche decennio dopo avversarono la televisione perché avrebbe distrutto la radio e i modelli di vita familiare!

Le novità tecnologiche fanno paura perché rendono obsolete competenze e ne originano di nuove, ma se fino ad oggi l’automazione ha riguardato principalmente il lavoro dei colletti blu, la novità è che l’intelligenza artificiale fa paura anche ai colletti bianchi, minaccia i lavori di figure a più alta specializzazione. Le paure si distribuiscono equamente nelle due rivoluzioni gemelle, quella della tecnologia informatica e quella biotecnologica che “potrebbero ristrutturare non soltanto le economie e le società ma anche i nostri corpi e le nostre menti”. Per lo storico Yuval Harari “le rivoluzioni nella biotecnologia e nell’informatica ci daranno il controllo del mondo dentro di noi e ci permetteranno di progettare e fabbricare la vita … nessuno sa quali saranno le conseguenze. Gli esseri umani sono sempre stati molto più bravi a inventare strumenti che a usarli con saggezza”.

Il futuro non è più quello di una volta, fa paura. Lo smarrimento delle pubbliche opinioni passa anche per il progresso digitale più veloce della nostra capacità di adattamento. C’è una relazione inversa tra scoperta e gestione delle conseguenze, efficacemente riassunta nell’ammonimento dello zio Ben a Peter Parker “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Pensiamo all’utilità della plastica o della ricerca genetica e alle loro conseguenze sull’ambiente o sull’etica, ha ragione Harari, è più facile costruire una diga che prevedere la complessità delle possibili conseguenze sul sistema ecologico del territorio.

I primi interrogativi sul possibile abuso delle informazioni genetiche presero forma negli anni Novanta, in ambito assicurativo e nelle relazioni personali ci si preoccupava della discriminazione genetica. Più recentemente la ricerca genomica ha alimentato nuove paure e domande sulle possibili implicazioni sociali, etiche e legali di quelle scoperte. Sono passati oltre vent’anni da quando vennero resi pubblici i primi dati sulla mappatura del genoma umano, una scoperta straordinaria, “l’equivalente biologico dello sbarco sulla luna” ha scritto qualcuno, certamente si tratta di avanzamenti che hanno cambiato la ricerca medica, ora si conoscono meglio le basi genetiche di molte malattie rare o i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari o dei tumori.

Un esempio di successo della combinazione di innovazione, creatività e progresso tecnologico è Genenta, azienda attiva nel settore della ricerca medica, specializzata nello sviluppo di terapie geniche finalizzate al trattamento dei tumori.

È stata fondata nel 2014, spin-off dell’Ospedale San Raffaele, da un gruppo di visionari, esperti di finanza e scienziati che vedevano lontano. Dapprima nella forma di società a responsabilità limitata, poi trasformata in società per azioni e in ultimo l’istituzione della filiale americana, Genenta Science Inc. I fondatori sono Pierluigi Paracchi, esperto di venture capital, e Luigi Naldini, rinomato accademico tra i massimi esperti mondiali di genetica. L’idea di visione è ben rappresentata dalle parole di Pierluigi Paracchi: “la visione è quella di avere un impatto sul paziente e sul microambiente tumorale; cambiare la storia clinica di questi pazienti e di crescere, dimostrando che la nostra tecnologia è, come abbiamo visto a livello preclinico, straordinaria”.

I punti di forza su cui poggia la strategia di lungo periodo della società sono “un team di enorme esperienza soprattutto nello sviluppo dei prodotti, e un sentiero di ricerca che ha una storia di venticinque anni, che è stato convalidato su malattie rare e che ora stiamo esplorando nella ricerca oncologica”. Pierluigi Paracchi sarà ospite di GAM alla Conferenza del 17 maggio al Salone del Risparmio e racconterà lui stesso di come l’incontro di competenze multidisciplinari abbia costituito il presupposto di una straordinaria storia di successo, lo sviluppo di prodotti innovativi di terapia genica e cellulare. Vi aspettiamo!

Fonte: AdvisorWorld.it


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