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RCM: Bondreport

Congiuntura USA di fronte a una leggera ripresa?..

Obbligazioni USA: La Fed va „all in“ – Molto rumore e poca sostanza nell’escalation del dibattito sul bilancio

Ultimamente l’economia USA ha di nuovo ripreso un po‘ di velocità. Con uno scontro accanito tra repubblicani e democratici su tasse e spesa pubblica, portato avanti comunque in modo largamente ideologico, è stato raggiunto un compromesso all’ultimo momento. Una serie di incentivi fiscali altrimenti in scadenza sono stati così prorogati e contemporaneamente sono entrati in vigore diversi aumenti di tasse. Tuttavia, non è stata raggiunta nessuna intesa su questioni fondamentali di politica fiscale e di spesa pubblica. Di conseguenza, nel 2013 l’economia USA sembra poter crescere tra l’1,5% e il 2% in termini reali, in modo analogo a quanto avvenuto nel 2012. Tuttavia, i volumi di cui si è parlato finora nel dibattito politico sono ovviamente piuttosto insignificanti nei confronti del problema dell’indebitamento americano.

Tutti i tagli e gli aumenti delle tasse che sarebbero automaticamente entrati in vigore senza l’accordo, avrebbero alleggerito il bilancio dello Stato al massimo di circa 650 miliardi di dollari USA. Allo stesso tempo, però, il deficit di bilancio annuale degli USA supera da diversi anni ampiamente i 1.000 miliardi di dollari e ciò rimarrà probabilmente così ancora per alcuni anni.

Il debito pubblico del governo federale è salito a 16,4 mila miliardi di dollari e ha quindi di nuovo raggiunto il tetto massimo fissato dalla legge – sebbene questo sia stato notevolmente aumentato soltanto 16 mesi fa. Al momento, il settore immobiliare per lo meno sembra attraversare una fase di leggera ripresa, cosa che dovrebbe sostenere il consumo privato. Da parte degli Stati federali e delle contee potrebbe per ora essere stato superato il peggio per quanto riguarda i tagli al bilancio, ciò potrebbe attenuare gli effetti dei tagli a livello federale.

Nel medio periodo si rischiano però nuovi problemi dovuti alle obbligazioni pensionistiche dello Stato. Un mercato azionario in pratica fermo da quasi 10 anni e livelli dei rendimenti estremamente bassi sui mercati obbligazionari sono responsabili del fatto che le previsioni sui redditi degli investimenti dei fondi pensione (nella maggior parte intorno all’8% p.a.) siano diventate nel frattempo totalmente assurde. Le conseguenze sono imminenti buchi che vanno da uno a svariati miliardi di dollari USA, che devono essere coperti con versamenti sempre più alti oppure consistenti tagli alle pensioni. A proposito, i piani pensionistici di molte aziende si vedranno probabilmente confrontati con simili problemi.

La banca centrale americana (Fed) ha nuovamente ampliato le sue misure di “allentamento della politica monetaria” e ha annunciato altri acquisti multimiliardari di bond, che dureranno fino a quando il tasso di disoccupazione non sarà sceso al 6,5% o sotto.

Legare direttamente la politica della Fed a un unico indicatore economico (che proprio negli USA ha per di più un significato piuttosto discutibile) è un fatto finora unico. Con ogni probabilità, la Fed estenderà quindi almeno fino al 2015 inoltrato sia la sua politica dei tassi zero sia l’acquisto costante ogni mese di titoli di Stato per un importo di poco inferiore ai cento miliardi. Di conseguenza, non è in vista nessun aumento prolungato o addirittura più consistente dei rendimenti dei titoli di Stato USA, poiché l’inflazione dovrebbe scendere nei prossimi trimestri. Le tecnologie di estrazione migliori e il conseguente boom dell’estrazione di gas naturale e petrolio determineranno con ogni probabilità prezzi di carburante ed energia nettamente più bassi negli USA. Di conseguenza, gli USA dovrebbero avere di gran lunga le prospettive economiche migliori tra i G3 (USA, Giappone e UE).

Le obbligazioni societarie incontrano quindi ancora il grande favore di molti investitori. Gli afflussi di capitali nei relativi fondi obbligazionari continuano. Nel 2012, le aziende USA quotate in borsa, dal canto loro, hanno utilizzato quasi tutto il denaro raccolto tramite le emissioni di titoli per il riacquisto di azioni proprie. Questo se da un lato ha senso sul piano dei rendimenti, dall’altro tende a indebolire la salute finanziaria delle imprese, anche se ciò diventa un problema solo in caso di recessione. Allo stesso tempo indica la mancanza di progetti d’investimento attraenti nell’economia reale e, inoltre, in passato le imprese statunitensi hanno quasi sempre effettuato i maggiori riacquisti di azioni proprie nel momento peggiore immaginabile (ai picchi più alti delle quotazioni azionarie). Da un punto di vista storico, i livelli dei rendimenti assoluti sono quindi ancora da valutare soltanto marginalmente attraenti. Le valutazioni relative, invece, ad esempio i premi di rendimento nei confronti dei titoli di Stato, nel confronto storico sono ancora relativamente favorevoli. Bisogna però vedere, se i rendimenti di molte obbligazioni societarie compensino ancora sempre sufficientemente gli investitori per i rischi connessi – soprattutto, se dovessero verificarsi scenari economici peggiori.

Obbligazioni Europa: La svolta della BCE dà respiro ai mercati, i problemi fondamentali rimangono
Con la sua decisione di fare tutto il possibile, se necessario, per salvaguardare l’euro ed effettuare all’occorrenza acquisti illimitati di titoli di Stato, la BCE ha compiuto una svolta di 180° in meno di un anno. La banca centrale tedesca ha evidentemente perso la battaglia decisiva all’interno della BCE. Il rischio di altre bancarotte statali (oltre a quella della Grecia) per il momento è diminuito notevolmente – senza che la banca centrale abbia dovuto spendere un centesimo di più. Di conseguenza, i titoli di Stato dei paesi periferici si sono ripresi molto bene così come le obbligazioni bancarie. I gravi squilibri all’interno della zona euro e il problema dell’indebitamento pubblico troppo alto tuttavia non sono ancora risolti.

Nonostante i mercati si siano tranquillizzati, la crisi è lontana dall’essere superata. Anche nel 2013 ci saranno un certo numero di fattori politici determinanti – basti pensare soltanto alle imminenti elezioni parlamentari in Italia e Germania. Sul piano congiunturale, nella zona euro ci attenderà probabilmente un altro anno di recessione, nella migliore delle ipotesi un anno con una crescita pari allo zero. Proprio nei paesi periferici, però, potrebbe essere meno disastroso del 2012. La politica di austerità è ai limiti di ciò che è fattibile dal punto di vista politico e finora non ha avuto molto successo. Infine, il rapporto debito pubblico/PIL non è diminuito grazie o proprio a causa delle misure di risparmio dei governi, ma è addirittura aumentato ulteriormente (unica eccezione la Grecia, dove il miglioramento è dovuto soltanto al taglio del debito e a diverse ristrutturazioni dei debiti). Per questo, le severe misure di austerità potrebbero essere allentate passo dopo passo nei prossimi trimestri – almeno per il momento.

Le obbligazioni societarie in euro hanno avuto un anno molto buono. I grandi vincitori sono stati soprattutto le obbligazioni finanziarie e i titoli high yield. Le obbligazioni corporate in euro (società non finanziarie) investment grade al momento offrono ancora un profilo rischiorendimento migliore dei titoli di Stato in euro, dando la preferenza, per aspetti legati al rischio, alle obbligazioni di società dei paesi non periferici. Dopo i forti guadagni negli ultimi mesi, le obbligazioni finanziarie hanno perso di attrattività, offrono però tuttora dei profili di rischiorendimento interessanti nei confronti dei titoli di Stato. Diventa comunque sempre più importante effettuare una scelta ponderata e tendenzialmente sono da preferire le obbligazioni di istituti provenienti dai paesi europei core. Per gli investitori in obbligazioni l’anno 2013 dovrebbe in ogni caso offrire guadagni molto inferiori del 2012, poiché di fronte ai rendimenti estremamente bassi eventuali interessi potrebbero essere più che compensati da minimi aumenti dei rendimenti.

Titoli di Stato Giappone: È imminente una radicale svolta della Bank of Japan?
La banca centrale giapponese (BoJ) potrebbe perdere gran parte della sua indipendenza attuale dopo la vittoria schiacciante dei conservatori. Rispetto alla politica monetaria estremamente espansiva della Fed e della BCE, la BoJ finora ha agito in modo relativamente restrittivo e fino a quando questo rimarrà così, lo yen dovrebbe rimanere forte. A sua volta, uno yen forte mette però sempre di più sotto pressione anche le grandi aziende tradizionali, in particolare nei confronti della concorrenza asiatica. Allo stesso tempo la bilancia commerciale del Giappone, dopo decenni di alti surplus, sta scivolando sempre di più nel deficit, in primo luogo a causa delle maggiori importazioni di energia dopo lo spegnimento di quasi tutte le centrali nucleari. Per il momento questo non rappresenta comunque una minaccia per il Giappone, tanto che bisognerà vedere, se la graduale uscita dal nucleare in programma da qualche tempo non verrà presto riesaminata. L’invecchiamento sempre più progressivo della popolazione e l′indebitamento smisurato dello Stato (ufficialmente) ben oltre il 200% del PIL rappresentano un problema molto più serio. Per far fronte a questo problema, in futuro il governo potrebbe, oltre agli aumenti delle tasse, indurre la banca centrale ad ampliare radicalmente i suoi acquisti di titoli di Stato e indebolire lo yen in modo mirato. Un “effetto collaterale” piacevole sarebbe quello di permettere allo stesso tempo alla banca centrale di finanziare direttamente una gran parte del nuovo indebitamento del Giappone. Altrimenti, il Giappone prima o poi si troverà di fronte al collasso delle sue finanze pubbliche, nonostanteuna situazione di rifinanziamento al momento ancora abbastanza facile da gestire.

Quest’ultimo potrebbe significare che la BoJ – a prescindere dal fatto di essere indipendente o no – si veda presto formalmente costretta ad ampliare in modo massiccio l’acquisto di titoli di Stato, ancora più della Fed e della BCE. Rimane da vedere come reagirebbero i mercati valutari e quali sarebbero gli effetti politici. È probabile che dopo diversi anni di volatilità estremamente basse sui mercati valutari, in futuro ci sia di nuovo un periodo di maggiori movimenti dei corsi – per esempio, scatenati da uno yen decisamente più debole, che prima o poi dovrebbe diventare probabilmente di vitale importanza per il Giappone. Nei prossimi anni è quindi poco probabile un aumento duraturo dei tassi d’interesse dei titoli di Stato giapponesi.

Se i mercati finanziari dovessero occuparsi più intensamente dei problemi giapponesi, il paese, al più tardi dal 2015/2016 in poi, potrebbe diventare il nuovo epicentro in materia di indebitamento pubblico.

Obbligazioni Emerging Markets: tendenzialmente ancora sotto lieve pressione
Dal lato economico, in molti paesi emergenti si moltiplicano i segnali di una leggera ripresa congiunturale. I rischi per la crescita globale che hanno origine in Europa, Giappone e USA continuano ad esistere e ciò dovrebbe porre un freno anche alle economie dei paesi emergenti. In compenso, però, questi ultimi dispongono ancora di margini di manovra per rilanciare la propria economia con misure di politica monetaria e fiscale.

A livello mondiale si registrano ancora forti afflussi di capitali in obbligazioni dei mercati emergenti (EM) e questo trend al momento non sembra arrestarsi. Ne hanno fortemente approfittato soprattutto le obbligazioni in valuta forte, mentre alcune valute degli emerging markets quest’anno sono finite sotto notevole pressione, come ad esempio il real brasiliano o la rupia indiana. Di conseguenza, la maggior parte delle obbligazioni EM (simili a molte obbligazioni societarie dei paesi sviluppati) non sono più da considerarsi sottovalutate.

Tuttavia, anche nel 2013 potrebbero far nuovamente registrare un andamento del valore decisamente positivo, soprattutto se, considerato i bassi tassi d’interesse negli USA, nell’UE e in Giappone, continua la corsa ai rendimenti più alti da parte degli investitori. Questi ultimi stanno iniziando, però, a sottovalutare il rischio di default delle obbligazioni dei paesi emergenti. Nonostante ciò, le prospettive per i prossimi trimestri sono tuttora positive sia per le obbligazioni sia per le valute della maggior parte dei paesi emergenti – sia in termini assoluti che relativi nei confronti dei mercati sviluppati. Anche in questo caso le obbligazioni societarie dovrebbero spesso avere dei profili di rischio-rendimento più attraenti dei titoli di Stato.

Valute: l‘euro si sta riprendendo bene – continua il consolidamento dell’oro
Nell’ultimo trimestre del 2012, l’euro si è decisamente apprezzato nei confronti del dollaro USA. Questo è sia una conseguenza delle minori preoccupazioni riguardo alla crisi nella zona euro sia il risultato degli annunci della banca centrale americana. Perché mentre la BCE finora agisce prevalentemente a parole, la Fed sta realmente ampliando, e a un ritmo sempre più veloce, il suo bilancio. A lungo termine il dollaro USA potrebbe essersi tuttavia lasciato alle spalle il suo prolungato periodo di debolezza e gradualmente rafforzarsi di nuovo. Questo vale in particolare nel momento in cui il deficit di bilancio degli americani dovrebbe drasticamente ridursi in futuro grazie al boom del petrolio e del gas negli USA. Ultimamente è finito sotto pressione anche lo yen, in particolare a causa delle speculazioni su una possibile svolta della BoJ. La Banca nazionale svizzera a sua volta mantiene fermo artificialmente il franco nei confronti dell’euro vicino alla soglia di 1,20. Il prezzo da pagare però potrebbe essere alla lunga un’inflazione maggiore in Svizzera. Per questo, in futuro potrebbero essere introdotte anche delle misure politiche, come ad esempio i controlli sui movimenti dei capitali – soprattutto in caso di una nuova fase di debolezza dell’euro. Tali strumenti vengono tuttavia utilizzati sempre più frequentemente – oltre che dalla Cina – da molti paesi emergenti, ad esempio il Brasile. Il prezzo dell’oro si sta consolidando nei confronti del dollaro USA da oltre un anno e questo trend potrebbe continuare anche nei prossimi mesi. Per ora le prospettive fondamentali per l’oro rimangono, nel complesso, favorevoli e nel 2012 l’oncia troy ha fatto registrare temporaneamente addirittura nuovi record di sempre rispetto all’euro e al franco svizzero. Le banche centrali sono tuttora acquirenti netti e, nel frattempo, l’oro viene di nuovo più di frequentemente accettato da molte borse come garanzia. I continui tassi reali bassi, spesso negativi, in molti paesi e le insicurezze sull’enorme indebitamento di molti paesi industrializzati rappresentano tuttora un buon ambiente per il metallo prezioso.

 


Il presente documento è stato redatto e realizzato da Raiffeisen International Fund Advisory GmbH., Vienna, Austria (“Raiffeisen Capital Management“ ovvero „RIFA”).

La presente pubblicazione è destinata esclusivamente ad investitori qualificati.


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