Il prossimo 22 gennaio, l’Eurozona avrà il suo QE, un po’ prima di quanto da noi atteso qualche mese fa. Tuttavia, è possibile che in concreto il programma sia attivato più avanti, dopo il completamento dei preparativi tecnici….
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– Stimiamo che siano necessari acquisti per oltre 600 miliardi di euro, che potrebbero però includere anche titoli sovranazionali, ESM ed EFSF. La BCE potrebbe voler condizionare la dimensione e la durata del programma al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione di medio periodo, e non sarà necessariamente annunciato un target specifico per i titoli di stato (c’è già un’indicazione di 1000 miliardi per l’espansione complessiva di bilancio).
– L’efficacia del programma non dipende solo dalla dimensione, che potrà essere variata in una fase successiva e, se necessario, ma anche dalla scelta sul sistema di ripartizione del rischio tra Paesi.
I commenti di Draghi e l’andamento dei dati indicano che l’annuncio di un QE è quasi scontato L’annuncio di un programma di stimolo quantitativo il prossimo 22 gennaio è ormai pressoché scontato. I commenti di Draghi lo scorso 2 gennaio, di Praet il 31 dicembre e di altri Membri del Consiglio suggeriscono che la BCE è pronta a potenziare gli interventi di politica monetaria non convenzionale. In particolare, Praet, nell’intervista dello scorso 31 dicembre, ha chiarito che le circostanze per ulteriori mosse indicate da Draghi alla riunione di novembre scorso si sono in parte materializzate:
1) le misure annunciate tra giugno e settembre si sono rivelate insufficienti al raggiungimento dell’espansione di bilancio di 1 trilione di euro “intesa” dalla BCE. In particolare Praet ha fatto esplicito riferimento all’esito della seconda TLTRO che ha visto un’assegnazione di fondi per soli 130 miliardi di euro e una creazione netta di liquidità per circa 70 miliardi di euro;
2) le prospettive per lo scenario di inflazione di medio periodo sono peggiorate, dal momento che il calo prolungato e anche più accentuato del prezzo del petrolio rispetto a quanto assunto ai primi di dicembre introduce il rischio di disancoraggio delle attese di inflazione di medio periodo e di effetti di seconda battuta sulla dinamica dei prezzi core. Le attese di inflazione 5 anni 5 anni forward si sono mosse al ribasso nell’ultimo mese fino all’1,5% dall’1,8% di fine 2014 (v.fig.1). L’inflazione è tornata in territorio negativo a dicembre a -0,2% da un precedente +0,3%, anche se il movimento è interamente spiegato dalla dinamica dell’energia e l’inflazione sottostante è risalita di un decimo a 0,8%.
Draghi ha specificato che il rischio di deflazione in senso stretto rimane contenuto ma ha indicato che è aumentato significativamente nell’ultimo anno e che il calo delle attese di inflazione di medio periodo è allarmante. Inoltre i dati macro nell’ultimo mese non aprono spiragli di una ri-accelerazione della crescita area euro in tempi brevi2. In linea di principio, uno stimolo aggiuntivo alle dinamiche cicliche dovrebbe arrivare dall’estate dal calo massiccio del prezzo del greggio che si è accentuato nell’ultimo mese e dall’ulteriore deprezzamento del tasso di cambio (-5% dell’euro e -3% del cambio effettivo)3. Tuttavia, non può escludersi che il minor costo della bolletta energetica per famiglie e imprese non si traduca in maggiore risparmio piuttosto che in maggior spesa, dal momento che in un contesto di prolungata bassa crescita la propensione al consumo e all’investimento potrebbe calare rispetto a condizioni normali.
Il parere della Corte di Giustizia Europea rimuove parte degli ostacoli legali…
Un ulteriore sviluppo che si è avuto negli ultimi giorni e che pesa favorevolmente per l’annuncio di un QE il prossimo 22 gennaio, è il parere della Corte di Giustizia europea. L’avvocato generale ha dato il via libera sulle OMT. Di solito il parere dell’avvocato generale rispecchia quello che la Corte adotta nelle sue sentenze definitive. È necessario che “possa continuare a formarsi un prezzo di mercato rispetto ai titoli governativi” e che sia mantenuta la “proporzionalità” con gli scopi della misura. Si specifica che nel caso in cui dovesse essere attivato il programma OMT, la “BCE deve astenersi dal coinvolgimento diretto nel programma di assistenza finanziaria” ai paesi interessati. Un punto molto importante è che l’avvocatura generale rigetta l’obiezione che la parità di trattamento con i creditori privati, elencata fra le caratteristiche del programma, rappresenti una violazione del principio di non finanziamento degli Stati. Al contrario, “le clausole di pari passu possono essere considerate uno strumento che cerca di garantire la minima distorsione possibile del normale funzionamento del mercato da parte della BCE”. …ma rimangono da definire le modalità operative, tutt’altro che semplici nel caso di 19 paesi Veniamo a quelle che potrebbero essere le modalità di intervento e ai dettagli che vanno definiti:
1) Cominciamo con la dimensione del programma. Date le obiezioni che potenzialmente potrebbe sollevare non solo il fronte tedesco del Consiglio ma anche la Corte suprema di Karlsruhe a un programma illimitato o open ended, un programma limitato incontrerebbe un consenso più ampio. Ci aspettiamo, quindi, che la BCE dia un’indicazione, sia pure di massima, sulla dimensione del programma e su quale orizzonte temporale intende condurre gli acquisti, riservandosi di rimodulare la dimensione e la tempistica in relazione alla distanza dell’obiettivo di inflazione del 2% nel tempo. In realtà implicitamente la BCE, avendo indicato di che intende portare il bilancio sui massimi del 2012 e quindi un’espansione di 1 trilione di euro, ha fissato una dimensione per gli interventi di politica monetaria non convenzionali. A novembre scorso (si veda il Weekly Economic Monitor del 28.11.2014) ipotizzavamo che il programma di stimolo quantitativo avrebbe fermarsi a 500 miliardi di euro. Tuttavia, l’esito della seconda TLTRO è stato di circa 50 miliardi, al di sotto delle nostre stime, e gli acquisti di ABS procedono ad un ritmo assai lento. Pensiamo che l’espansione di bilancio raggiungibile di qui a fine 2016 con le misure già in essere sia al più di 160 miliardi di euro (v. Tab. 1) e molto dipende dall’ipotesi sulla richiesta di fondi alle aste che si terranno tra marzo e giugno 2016. Nello specifico abbiamo assunto una sottoscrizione di fondi alle aste in media di 45 miliardi a trimestre, ma molto dipenderà dall’evolvere delle prospettive di crescita. La BCE dovrà, quindi, annunciare acquisti per almeno 600 miliardi di euro se vorrà avvicinarsi al fatidico trilione di euro. Il grosso del programma avrebbe come oggetto acquisti di titoli sovrani. In aggiunta la BCE potrebbe acquistare titoli sovra-nazionali, ESM ed EFSF e forse corporate. Praet nel discorso di fine anno aveva indicato che non c’era molto da acquistare sul mercato corporate e aveva escluso acquisti di titoli bancari, dal momento che la BCE agisce anche da autorità di vigilanza del settore. Praet sottolineava altresì che gli acquisti di titoli sovrani consentivano di attingere ad una classe di asset piuttosto ampia.Acquisti di titoli governativi per 500 miliardi di euro ammonterebbero a circa il 5% del PIL e all’8% del debito in circolazione, ben meno del QE (1,2 & 3) della Fed (2 trilioni di dollari o l’11% del PIL e il 17% del debito in circolazione) o del QE della Banca di Inghilterra (che ha visto acquisti per 375 miliardi di sterline, pari al 21% del PIL).
2) Come ha più volte ricordato Constancio, non vi è un solo titolo da acquistare, ma titoli di 19 paesi. Date le possibili difficoltà operative, non è escluso che la BCE si riservi di annunciare solo ex post l’ammontare mensile acquistato di ciascuna asset class. Ma ragionevolmente gli acquisti di governativi dovrebbero ammontare a 25-30 miliardi di euro al mese. Alternativamente, la BCE potrebbe annunciare un target trimestrale per gli acquisti che consentirebbe maggiore flessibilità operativa su base settimanale e mensile. Tale target potrebbe essere calibrato nel tempo in base all’evoluzione dello scenario e alla distanza dall’obiettivo del 2%.
3) La BCE dovrà chiarire se intende acquistare titoli di tutti gli emittenti sovrani, o soltanto quelli investment grade, o limitarsi ai meriti di credito più alti. Acquisti di soli titoli tripla A non incontrerebbero significative obiezioni dal fronte tedesco ma sarebbero assai poco efficaci per contrastare il rischio di deflazione e potrebbero riacutizzare il problema della frammentazione finanziaria. Pensiamo che la BCE opterà per acquisti di tutti i titoli della zona euro con rating al di sopra di investment grade; gli unici titoli che resterebbero fuori dal raggio di azione BCE potrebbero essere i titoli greci e ciprioti.
4) La BCE dovrà chiarire se intende acquistare in base alle quote paese nel capitale BCE, come ventilato da Constancio alla riunione di dicembre, o in base ad una regola alternativa. L’allocazione in base al capitale dovrebbe essere ricalibrata in modo da non compromettere la liquidità dei singoli mercati, almeno fissando un ammontare massimo per ciascun ISIN. Un’alternativa (si veda anche il Weekly Economic Monitor dello scorso 02.05.2014) è quella di acquisti in percentuale fissa del debito di tutti i paesi. Una soluzione di questo tipo potrebbe incontrare una maggiore opposizione dal fronte tedesco del Consiglio per considerazioni di rischio e azzardo morale, e accenderebbe il dibattito sull’eventuale ripartizione delle perdite associate all’evento di ristrutturazione o default (questo evento è da considerarsi più remoto di una ristrutturazione) del debito di uno dei paesi membri. Un’altra alternativa è quella di acquisti in base ad una regola mista, ovvero acquisti ripartiti secondo le quote di ogni paese in un indice benchmark governativo per l’Eurozona, e quindi secondo un regola che esula dal diretto controllo della BCE. Tuttavia, non tutti i 19 paesi membri
sono inclusi negli indici benchmark. Un’altra possibilità è che la BCE acquisti titoli per un ammontare pari alle quote paese nel capitale BCE e che la differenza tra quote paese e pesi nell’indice benchmark (o quote del debito pubblico negoziabile totale dell’Eurozona) venga assorbita dalle Banche centrali dei paesi membri. Date le difficoltà associate a ipotesi alternative pensiamo che la BCE vorrà seguire il modus operandi più semplice e trasparente possibile.
5) Riguardo ad aspetti più operativi, la BCE ha indicato già in passato che comprerebbe il tratto medio/lungo della curva, 5-15 anni (Couré 13 aprile 2014). Inoltre, ci si attende che la BCE intervenga con aste di riacquisto. Ci sono molte altre questioni di dettaglio che dovranno essere smarcate prima di avviare gli acquisti (tra i quali frequenza e modalità di conduzione delle aste), rese più complesse dalla pluralità di soggetti che dovranno condurle e dal gran numero di emittenti.
6) La questione più spinosa è però come ripartire le perdite nel caso di una ristrutturazione del debito di un paese membro. Anche in questo caso ci sembra che la regola di ripartizione delle perdite in base alle quote capitale paese sia più conferme al modus operandi della BCE. Tuttavia, non può escludersi che il fronte tedesco del Consiglio e altri Membri (Hansson, Mersch, Nowotny) preferiscano un sistema di condivisione delle perdite solo per un ammontare limitato di acquisti. Una significativa eccezione al principio di condivisione del rischio darebbe adito ad un certo scetticismo sull’Eurosistema e sulla conduzione comune della politica monetaria, con il rischio di limitare l’efficacia del programma.
Ma basterà al raggiungimento dell’obiettivo del 2% nel medio termine?
Riteniamo che l’annuncio di un programma di stimolo quantitativo aggiuntivo per 600 miliardi di euro, con il grosso degli acquisti concentrato sui governativi di tutti gli Stati con merito di credito investment grade, sarebbe essere ben ricevuto dai mercati. Tuttavia, non è scontato che la BCE annunci limiti specifici per il programma, essendosi già impegnata a un’espansione di mille miliardi con l’intero complesso delle misure straordinarie. Inoltre, se la BCE dovesse optare per una separazione dei rischi associati ad eventi di ristrutturazione del debito o confinasse gli acquisti a pochi emittenti di alto rating, la reazione dei mercati potrebbe essere negativa.
Per quel che concerne gli effetti di un QE per 500–600 miliardi di euro sulla crescita e inflazione, la valutazione non è banale anche perché la maggior parte dei modelli econometrici non incorporano l’effetto di un’espansione del bilancio della Banca Centrale. Un modo per valutare il potenziale effetto è via calo dei rendimenti e compressione degli spread generato dall’annuncio del programma e dunque tramite l’allentamento delle condizioni finanziarie. Ghysels et al (ECB working paper no. 1642 del Febbraio 2014) trovano che acquisti di titoli governativi per 100 milioni di euro hanno generato un calo dei rendimenti a 10 anni di circa 90pb in Italia e di 70pb in Irlanda. Tuttavia, il QE è già in larga misura prezzato nei rendimenti a 5-15 anni.
Generalmente un calo dei tassi a medio lungo termine di 50 punti pase genera un aumento di crescita e inflazione di circa 0,2% e 0,3% dopo un anno. Secondo le indiscrezioni apparse su FAZ ad aprile scorso, le simulazioni della BCE indicavano che un programma di stimolo quantitativo per un trilione di euro avrebbe generato un aumento dell’inflazione area euro tra 0,3-0,8% dopo un anno. È possibile che in assenza di chiari segnali di ripresa ciclica nel corso della prima metà di quest’anno acquisti per 500 miliardi di euro potrebbero rivelarsi insufficienti a riportare l’inflazione verso il 2% entro il 2016.
In conclusione, considerazioni di ordine operativo suggeriscono che l’implementazione di un QE nella zona euro è tutt’altro che banale per motivi tecnici e politici. Si comprende, inoltre, perché il Consiglio rimanga diviso e non solo i Membri tedeschi siano scettici sul lancio di una misura di questo tipo. I dettagli da definire sono ancora molti e saranno necessari test operativi prima di attivare il programma. Riteniamo per questo motivo che la BCE il prossimo giovedì si limiterà ad annunciare l’arrivo di un programma di stimolo monetario aggiuntivo, per attivare gli acquisti soltanto più avanti.


2 Sia l’indice PMI composito che l’indice di fiducia economica della Commissione UE si sono aggirati in media su livelli (100,7 e 51,5 rispettivamente) inferiori a quelli osservati nei mesi estivi (101 e 52,8) e coerenti con una semi stagnazione del PIL area euro a ridosso di fine anno. Gli indici anticipatori dalle indagini congiunturali attese a tre mesi su ordini e produzione si sono aggirate a dicembre su livelli inferiori o invariati rispetto ai tre mesi precedenti.
3 Abbiamo rivisto le nostre stime per il prezzo del petrolio in media a 58 dollari nel 2015 da una precedente stima di 66 dollari e a 69 dollari nel 2016 da 76 dollari. Abbiamo tagliato solo marginalmente le nostre stime sul cambio a 12 mesi fino a 1,25 da un precedente 1,27. Un prezzo del petrolio più debole di circa 10 dollari dovrebbe generare in condizioni normali una crescita più forte del PIL area euro di 0,3 – 0,4pp dopo tre, quattro trimestri.
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