Area euro: Verso una crescita più sostenuta?

– La combinazione di calo prezzo del petrolio e cambio, dell’annuncio del programma di acquisto titoli BCE, di fatto open ended, e della lettura più flessibile del Patto di Stabilità, creano una combinazione di stimoli perfetta per una ripresa della crescita area euro……


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– Secondo i modelli macro econometrici l’impatto sulla crescita del PIL area euro dovrebbe essere di 0,7/0,8 nel 2015-16. Tuttavia, rivediamo le nostre stime di soli tre decimi sul biennio 2015–16 (rispettivamente a 1,3% e 1,8%), dal momento, che l’impatto, in particolare del deprezzamento del cambio, potrebbe essere inferiore alle stime dei modelli. La cautela è anche giustificata dal permanere di rischi geopolitici in Europa e nel Mediterraneo.

– L’inflazione si muoverà in territorio negativo quest’anno (-0,2%), ma dovrebbe tornare all’1,0% nel 2016. I rischi sono verso il basso dal momento che, il permanere delle attese di prezzo su livelli storicamente bassi potrebbe innescare effetti di ritorno sui prezzi core.

– Il 5 marzo, la BCE pubblicherà revisioni verso l’alto alle stime di crescita e di inflazione, ma soprattutto estenderà le previsioni al 2017 offrendo indicazioni del possibile impatto del QE nonché sul corso della politica monetaria nel medio periodo.

La nostra valutazione delle prospettive di crescita dell’Eurozona è migliorata rispetto a dicembre scorso quando ci aspettavamo una crescita di 1,1% nel 2015 e un’accelerazione all’1,5-1,6% nel 2016. Gli ultimi due mesi hanno portato delle novità rilevanti:

1) Come abbiamo già evidenziato lo scorso 6 febbraio su questo settimanale il prezzo del petrolio si è aggirato su livelli sensibilmente inferiori alle nostre stime di fine anno (in dollari -41% a dicembre -55% a gennaio). Di riflesso abbiamo rivisto le nostre previsioni per il prezzo del petrolio a 58 dollari, da 72 nel 2015 e a 69 dollari da 78 nel 2016. Si tratta di una revisione rispetto al profilo di dicembre del -20% nel 2015 e del -12% nel 2016. Si noti che nel 2016 il petrolio aumenta di più rispetto al 2015, rispetto alle precedenti stime.

2) Il tasso di cambio euro in termini effettivi si è deprezzato del 5% da inizio dicembre. Rispetto alle stime di dicembre abbiamo rivisto al ribasso le previsioni per il tasso di cambio EUR del -6% nel 2015 e del -4% nel 2016 (si tratta di una revisione della previsione del tasso di cambio effettivo di circa -3% e -2% nello stesso periodo (data l’elasticità di 0,52 del cambio effettivo al cambio euro dollaro).

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3) L’altro sviluppo è stato il forte calo dei rendimenti governativi, che è accelerato da inizio dicembre, quando i mercati hanno cominciato a scontare quasi a pieno un programma di acquisto titoli BCE, e ha generato un appiattimento delle curve. Il calo dei rendimenti governativi si tradurrà in una minore spesa per interessi per i Governi dal 2016 in poi, riducendo, di fatto, l’entità della correzione fiscale necessaria a rispettare la nuova lettura flessibile del Patto di Stabilità (vedi sotto).

4) La natura del QE BCE. Il programma è di fatto un programma open ended. Si temeva che un’opzione di questo tipo non fosse percorribile per le obiezioni tedesche, ma in realtà Draghi ha legato la durata e la dimensione degli acquisti al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione di medio periodo. Avere un programma di acquisto open ended (o illimitato) riduce sensibilmente l’incertezza sul quadro area euro. La BCE ha ormai superato il Rubicone e farà tutto ciò che è necessario per contrastare il rischio di bassa crescita e bassa inflazione.

A nostro avviso, ciò riduce sensibilmente il grado di incertezza che circonda lo scenario.

Inoltre come mostrava Chiara Manenti in una nota dello scorso 12 febbraio (si veda Interest Rates Strategy – EAPP: implicazioni tecniche per il mercato governativo), gli acquisti BCE ridurranno sensibilmente il rischio di rifinanziamento per i paesi della zona euro dal momento che sottrarranno il 130% dell’offerta netta di titoli di Stato nell’area euro nel 2015 ed il 142% nel 2016. Il QE BCE rappresenta, quindi, uno scudo importante dal rischio di contagio dalla Grecia.

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5) Ulteriore supporto per la ripresa area euro nel 2015 arriva dalla politica fiscale.

L’interpretazione “flessibile” del patto di Stabilità e Crescita, approvata lo scorso 12 gennaio, (per i dettagli sulla nuova formulazione del patto si rimanda al Bollettino BCE di gennaio 2015, Box 7 pp. 33 -35) consentirà a Francia e Italia di mettere in atto una correzione fiscale nell’anno in corso inferiore a quella implicita nelle raccomandazioni di luglio del Consiglio e riprese dalla Commissione a fine novembre, in sede di valutazione dei Budget nazionali 2015. Nel caso della Francia, la correzione implicita del saldo strutturale è di solo 0,3 punti mentre per la vecchia interpretazione sarebbe stata di 0,8 punti. Nel caso dell’Italia la correzione richiesta è di 0,3 e non più di 0,5 punti; nel caso della Spagna di 0,3 e non più di 0,8. I Paesi che erano nell’occhio del mirino della Commissione BCE a novembre scorso si trovano, quindi, ad essere valutati in modo meno stringente a marzo. Tuttavia, le stime di inverno della Commissione sulla variazione dei saldi strutturali nel 2015 suggeriscono che mentre la Francia e l’Italia rispettano la correzione implicita nella lettura flessibile del Patto, la Spagna è a rischio. La politica fiscale tornerà ad essere restrittiva nel 2016 per i tre paesi.

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Quale l’impatto degli shock sulla crescita?

Abbiamo cercato di quantificare il potenziale impatto sulle stime di crescita del PIL area euro degli shock descritti.

I modelli BCE e Commissione UE suggeriscono che la risposta di crescita e inflazione a un deprezzamento del cambio del 5% dopo un anno è tra 0,3% e 0,4% sulla crescita e tra 0,2% e 0,4% sull‘inflazione. L’impatto di un calo del prezzo del greggio del 10% è stimato essere più piccolo, mentre l’impatto sui prezzi del calo del greggio è più significativo e potrebbe più che controbilanciare l’aumento di inflazione associato al deprezzamento del cambio (v. tab.1 a seguire).

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Per cercare di valutare l’impatto dell’evoluzione del prezzo del greggio e cambio da inizio dicembre a fine gennaio nonché delle nuove previsioni sulle variabili esogene, menzionate sopra abbiamo simulato gli shock con il modello macro econometrico di Oxford Economics. Le simulazioni suggeriscono che:

1) Il calo del prezzo del greggio del 20% nel 2015 rispetto allo scenario base di dicembre genera un aumento di crescita nella media area euro di solo 0,1-0,2% nel 2015 e di 0,1% nel 2016, dunque meno rispetto alle stime BCE e Commissione. Ma questo dipende dal fatto che il grosso dello shock, in termini di calo del prezzo del greggio, è concentrato sul primo mese dell’anno mentre già dal 2° trimestre si prospetta una risalita del prezzo del greggio. La risposta del PIL è massima tra il 4° trimestre di quest’anno e il 1° trimestre del 2016.

2) Il deprezzamento del cambio effettivo osservato da inizio dicembre (-5%) e revisione delle proiezioni (-3%) sull’orizzonte di stima, genera una maggior crescita di 0,4% nel 2015 e di 0,3% nel 2016. L’impatto stimato è più in linea con quello suggerito dalle elasticità dei modelli BCE e Commissione UE.

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3) Abbiamo simulato, inoltre, l’impatto del calo dei rendimenti a lungo termine implicito nelle nostre nuove previsioni di febbraio circa 40 punti base rispetto alle stime di dicembre nel 2014-15 in ciascuno anno. Troviamo che l’impatto sulla crescita è di 0,1% nel 2015 e di 0,2% nel 2016.

Nel complesso, l’impatto potenziale degli shock esogeni e sui tassi (endogeno perché generati dal QE BCE) introduce rischi verso l’alto per le nostre stime di crescita di 0,7% tra fine 2015 e inizio 2016. Tuttavia, prima di rivedere significativamente al rialzo le stime di crescita vogliamo attendere segnali più convincenti dalle indagini di clima. Si noti che la componente aspettative dell’indagini presso le imprese manifatturiere è migliorata negli ultimi due mesi e gli ordini hanno smesso di calare. Ma per il momento gli indici sintetici rimangono coerenti con una crescita del PIL area euro poco più che stagnante nel trimestre in corso. Va inoltre considerato che i modelli potrebbero sovrastimare l’impatto del deprezzamento del cambio come suggerisce la Commissione nelle stime di Inverno (v. Box I-2 pp. 51-52). Le elasticità standard dei modelli potrebbero sovrastimare l’effetto sulla crescita di un deprezzamento del tasso di cambio dal momento che la risposta dell’import potrebbe essere divenuta più significativa dal momento che le grandi imprese hanno una produzione ad elevato contenuto importato. Inoltre l’effetto sui prezzi all’export potrebbe essere smorzato, rispetto al passato, dalle politiche di pricing recenti.

Per molte grandi imprese, il prezzo di vendita è fissato sul mercato di destinazione. Per quanto riguarda i tassi, le elasticità riflettono un meccanismo di trasmissione della politica monetaria funzionante, ma nell’area euro la trasmissione della politica monetaria rimane in parte inceppata. Non vanno trascurati i rischi geopolitici e l’impatto che questi potrebbero avere sulla dinamica delle esportazioni, sulla fiducia delle imprese e quindi sulle decisioni di investimento.

Rimaniamo quindi cauti e per il momento rivediamo le stime di crescita del PIL area euro a 1,3% nel 2015 da un precedente 1,1% e all’1,8% da 1,6% nel 2016. Si noti che si tratta di una revisione di soli tre decimi dal momento che la stima 2015 è salita di un decimo per effetto del dato sul 4° trimestre 2014 più forte delle attese (+0,3% t/t a fronte di stime di Consenso di +0,2% t/t). Segnaliamo tuttavia che se dovessero recedere i rischi geopolitici la stima 2015 potrebbe salire all’1,4% e la stima 2016 al 2,0%. La zona euro dunque potrebbe finalmente tornare a crescere a un ritmo sostenuto. Dopo il 2016, la crescita potrebbe rallentare verso l’1,4-1,5%, a meno che non acceleri il processo di riforme strutturali.

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Come si trasmetterà lo shock?

Le simulazioni mostrano che l’impatto combinato degli shock è massimo sugli investimenti aziendali e pari a circa un punto all’anno. L’impatto sulle esportazioni è stimato dal modello a 1,4% nel 2015, ma è visto calare rapidamente a +0,1% nel 2016. L’aumento delle import è stimato a 0,8% nel 2015 e a solo 0,4% il prossimo anno. L’impatto sui consumi è stimato a + 0,2/+0,3% per due anni. Come argomentavamo sopra, è possibile che l’effetto sulle importazioni sia più persistente e di entità maggiore rispetto a quanto suggerito dalle simulazioni. Nel contempo, ci sembra che l’elevato grado di incertezza associato ai rischi geopolitici nonché l’ancora non normale trasmissione della politica monetaria potrebbero pesare sulla risposta degli investimenti.

Quale l’impatto degli shock sull’inflazione?

Veniamo ora all’impatto dello shock sulla dinamica inflazionistica. Le elasticità dai modelli BCE e Commissione UE suggeriscono che il calo del prezzo del petrolio ipotizzato nel nostro nuovo profilo di previsione (-20% rispetto allo scenario di dicembre) dovrebbe più che bilanciare le pressioni al rialzo sul cambio associate a un deprezzamento del cambio del 3% nel 2015 (v.Tab.1). L’inflazione dovrebbe quindi calare rispetto alla nostra previsione di dicembre di +0,5% di 0,8% per effetto del petrolio e aumentare di un decimo per l’effetto del cambio debole e scendere quindi a -0,2%. In realtà, i dati di novembre e dicembre sulla dinamica dei prezzi al consumo hanno sorpreso verso il basso e in isolamento avrebbero lasciato la media per il 2015 a +0,3%. La combinazione di dati effettivi più deboli delle attese e prezzo del petrolio più basso lascia la nostra stima di inflazione 2015 a -0,2%.

Nel 2016 l’inflazione è attesa risalire per effetto del rimbalzo del prezzo del petrolio e della ripresa del ciclo area euro associata agli shock discussi. Le simulazioni con Oxford Economics suggeriscono che:

1) un impatto dello shock da cambio (di -3% nel 2015 e di -2,4% nel 2016 rispetto allo scenario di dicembre di circa 0,5% per due anni, dunque più forte di quello suggerito dalle elasticità dei modelli BCE e Commissione UE); 2) l’impatto dello shock sul prezzo del petrolio è stimato a -0,7% nel 2015 e a -0,1% nel 2016, quindi circa in linea con le stime dei modelli BCE e Commissione UE;

3) l’impatto del calo dei tassi a lunga di circa 30 punti base è di +0,1% nel 2016.

Nel complesso, le simulazioni indicano che la combinazione dei tre shock si neutralizza nel 2015, ma potrebbe lasciare l’inflazione area euro a 1,5% nel 2016, dall’1,0% stimato a dicembre. In realtà è possibile che la risposta dei prezzi al consumo allo shock sul cambio sia più blanda. La Commissione evidenzia che nel periodo recente la trasmissione di una variazione dei prezzi all’import ai prezzi alla produzione è pressoché immediata e pari al 90%, mentre la trasmissione ai prezzi al consumo è più lenta e più blanda e varia significativamente da paese a paese secondo le caratteristiche dei consumi.

Riteniamo che una volta che il calo del petrolio non peserà in misura così preponderante sul confronto annuale, la dinamica dell’inflazione area euro sarà determinata dall’evoluzione della domanda interna e quindi dei prezzi core. I rischi per la dinamica inflazionistica sono ancora verso il basso, dal momento che al permanere delle attese di inflazione (sia di mercato che dalle indagini di clima) su livelli storicamente bassi vi è il rischio che si inneschino effetti di seconda battuta. Tale rischio dovrebbe ridursi date le azioni recenti della BCE, ma non va in ogni caso trascurato. Per il momento, quindi, manteniamo inalterata la nostra stima di inflazione 2016 all’1,0%.

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Quale l’impatto del QE BCE su crescita e inflazione?

Quantificare l’impatto del QE BCE sulla crescita e inflazione non è cosa banale dal momento che i modelli econometrici tipicamente non incorporano la dimensione del bilancio della Banca Centrale. Un articolo di aprile scorso di FAZ riportava delle indiscrezioni su simulazioni BCE che avrebbero stimato tra 0,4% e 0,8%, l’impatto di un QE per 1 trilione di euro. Secondo un working paper della BCE (no 1397, nov 2011), un aumento del bilancio BCE di 270-300 corrisponde a un calo dei tassi ufficiali di 25 punti base. Un calo dei tassi di interesse di una deviazione standard (circa 100pb) genera secondo il modello BCE (v., No 944, ECB, ott. 2008) una maggior crescita dopo un anno tra +0,2% e +0,4% e un aumento dell’inflazione compreso tra 0,1%-0,35%. L’aspettativa crescente di un QE BCE ha spinto i rendimenti governativi a 10 anni euro in calo di circa 80 punti base tra settembre e febbraio. Anche in questo caso va considerato che la trasmissione della politica monetaria non funziona in modo normale e quindi l’impatto potrebbe essere meno significativo rispetto a quanto suggerito dagli studi BCE. Il calo dei tassi a lunga di 40 pb nelle simulazioni di Oxford genera un impatto sull’inflazione area euro di 0,1% su due anni.

Un’indicazione arriverà con la pubblicazione delle nuove stime BCE il prossimo 5 marzo

Ma un’indicazione di quello che la BCE stima essere l’effetto del QE su crescita e inflazione arriverà con la pubblicazione delle nuove stime di crescita e inflazione per il 2015 e il 2016. Le nuove ipotesi tecniche alla base delle stime dello staff (si veda Tab. 2) dovrebbero comportare revisioni al rialzo alle stime di crescita e revisioni verso il basso alle stime di inflazione. La BCE estenderà le previsioni due anni in avanti. Per il 2017, ci aspettiamo che la BCE mostri un’inflazione all’1,7% e una crescita del PIL intorno all’1,6%. Con un’inflazione più vicina ma non ancora al target la BCE vorrà segnalare che la politica monetaria resterà ampiamente accomodante nell‘area euro anche dopo il 2016. Del resto Praet, capo economista BCE, ha segnalato che si aspetta che l’output gap (-2,8% nelle stime della Commissione nel 2014) si chiuderà per metà 2018. Tale indicazione è coerente con tre anni di crescita del PIL area euro di 0,8% al di sopra del potenziale (0,8% nelle stime ultime della Commissione).

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