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BCE: il dado non è tratto

La BCE ha annunciato la proroga dell’attuale regime di fornitura di liquidità almeno sino alla fine del 1° trimestre del 2011. Circa le attese di una possibile espansione del programma di acquisti di titoli di Stato, Trichet si è limitato a dichiarare che il programma continua e …..


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che sarà commisurato alle tensioni di mercato. In sostanza, nemmeno il rischio di contagio della crisi ha spinto la BCE a passare il Rubicone: la Banca rimane contraria a ogni forma di quantitative easing o di monetizzazione del debito.

Oltre a lasciare come scontato i tassi invariati su livelli giudicati “appropriati”, la BCE ha deciso di rinnovare per un altro trimestre la piena allocazione sulle aste di rifinanziamento principale e sulle aste mensili coincidenti con il periodo di mantenimento della riserva; inoltre, sono previste tre nuove aste trimestrali con piena allocazione e tasso indicizzato in gennaio, febbraio e marzo. In sostanza, il regime attuale è prorogato di un trimestre. Trichet ha ammesso che la proroga è un ripensamento, in quanto la BCE aveva programmato un ritorno più ravvicinato ad aste competitive ed evidentemente è stata costretta a tornare sui suoi passi dalle tensioni di mercato. Circa le voci circolate nei giorni scorsi sul mercato (anche a seguito delle aperture, per la verità molto “amplificate” dagli organi di stampa, fatte da Trichet davanti al Parlamento europeo) di una possibile, significativa espansione del programma di acquisti di titoli, Trichet si è limitato a dire che il programma continua e che la BCE è consapevole delle forti tensioni esistenti sui mercati e pertanto il programma sarà commisurato a tali tensioni. Trichet ha comunque confermato che la BCE continuerà a “sterilizzare” gli acquisti (tenendo a precisare che per questo motivo non si può parlare di quantitative easing). Interessante il fatto che la decisione di rinnovare le aste a piena allocazione a 3 mesi sia stata presa “a maggioranza”, quella di rinnovare il Securities Markets Programme (SMP) a “schiacciante maggioranza”.

La BCE ha diffuso le nuove stime trimestrali su crescita e inflazione, che come atteso non hanno apportato novità di rilievo allo scenario. Si è assistito a una lieve revisione al rialzo per la crescita 2010 e per l’inflazione del 2011. Le nuove stime per il 2012 mostrano una lieve riaccelerazione della crescita (all’1,7% dall’1,4% del 2011) e un nuovo rallentamento per l’inflazione (all’1,5% dall’1,8% del 2011). Interessante però rilevare che rispetto al mese scorso c’è una revisione al ribasso dei rischi: la valutazione dei rischi sulla crescita è passata da “lievemente verso il basso” a “verso il basso” (principalmente a causa delle tensioni sui mercati finanziari, mentre la situazione per l’economia reale è migliore di quanto si creda specie nelle principali economie), la valutazione dei rischi sull’inflazione è passata da “lievemente verso l’alto” a “bilanciata”.

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In sintesi, nemmeno il rischio di contagio della crisi a paesi maggiori come la Spagna ha spinto la BCE a passare il Rubicone: la Banca rimane ideologicamente contraria a ogni forma di quantitative easing o di monetizzazione del debito.

È probabile che i volumi del SMP aumentino ancora nelle prossime settimane (dai 1,348 miliardi della settimana scorsa, in salita ma ancora di molto inferiori al picco di 16,5 miliardi toccato nella prima settimana di attuazione del programma nel mese di maggio), ma, oltre a essere “sterilizzati”, difficilmente gli acquisti raggiungeranno ammontari tali da alleviare significativamente le tensioni sugli spread di debiti sovrani importanti come Spagna e Italia. In altri termini, non è dalla BCE, che nel medio termine resta orientata su un sentiero di exit strategy, che bisogna aspettarsi una parola definitiva sulla crisi, e il SMP resta, nell’ottica della BCE, uno strumento molto circostanziato per “migliorare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria” e non un mezzo risolutivo per frenare le dinamiche speculative sul mercato dei titoli di stato e nello specifico per contrastare l’anomalo allargamento dei premi al rischio sul debito di Italia e Spagna. Sebbene questa evoluzione sarebbe ragionevole in quanto né l’Italia né la Spagna presentano problemi di sostenibilità del debito e in condizioni ordinarie di mercato non avrebbero problemi a rifinanziarsi, sembra di poter confermare che solo in uno scenario di concreta e imminente minaccia alla stabilità della zona euro (eventualità negata solo qualche giorno fa da Trichet nella sua audizione davanti al Parlamento Europeo) la BCE potrebbe convincersi ad acquisti massicci e non sterilizzati. In assenza di uno scenario “catastrofico”, a Francoforte evidentemente si continua a ritenere che sia il meccanismo di gestione della crisi messo in piedi in sede di Unione Europea il modo più opportuno per affrontare la situazione.

Ciò che farebbe la differenza (ma tale opzione, ripetiamo, non rientra tra quelle attualmente prese in considerazione della BCE) sarebbero acquisti di titoli in volumi massicci sull’esempio della strada intrapresa dalle altre principali banche centrali. Ad esempio, se la BCE volesse eguagliare gli acquisti di titoli di Stato effettuati dalla Bank of England in percentuale del totale del mercato (il 25%, nel caso della BoE), questo equivarrebbe ad acquisti pari a circa 1770 miliardi se parametrati sul totale del mercato o a poco meno di 500 miliardi in percentuale dei soli mercati “periferici” (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna + Italia). Se la BCE volesse imitare la Fed (che ha annunciato acquisti complessivi solo di Treasuries – senza contare agenzie e MBS – pari a circa il 15% del debito outstanding) il volume degli acquisti dovrebbe essere pari a 1060 miliardi (il 15% del debito totale dell’Eurozona) o a poco meno di 300 miliardi limitandosi alla sola “periferia”. Alternativamente il conteggio può esser fatto non sul debito in circolazione, ma sul fabbisogno (dato dall’esigenza di coprire il disavanzo di cassa del settore pubblico e il debito in scadenza). In effetti, nel caso della Fed il programma di acquisto annunciato (e da attuarsi presumibilmente nell’arco di 12 mesi) è superiore al fabbisogno del Tesoro in un anno fiscale. Dunque, limitandoci ai soli Paesi periferici (con l’esclusione di Grecia e Irlanda che si intendono “coperte” per i prossimi anni dai prestiti UE/FMI), la BCE dovrebbe acquistare bond per quasi 280 miliardi se volesse coprire il fabbisogno della “periferia” per i prossimi 6 mesi e per più di 550 miliardi volendo coprire il fabbisogno dei prossimi 12 mesi. Gli acquisti sin qui effettuati (67 miliardi) sono invece pari ad appena il 3% del debito outstanding dei paesi periferici (l’1% del debito totale dei paesi dell’Eurozona) e il 18% del fabbisogno dei prossimi 6 mesi o il 10% del fabbisogno dei prossimi 12 mesi (dei soli paesi periferici).

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