GAM: I risultati cominciarono ad appannarsi nel 2011. L’uomo non era celebre per i modi garbati e i suoi molti critici non persero l’occasione per farsi subito sentire.
A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR
Quei successi e quelle performance non erano tutta farina del suo sacco, dicevano, il mago ha perso la bacchetta anzi, il tocco magico non è mai esistito. Il gioco è venuto allo scoperto, scrissero, non era questione di bravura ma di una felice e irripetibile combinazione di fattori.
Non era vero naturalmente, non si diventa una leggenda nella gestione di portafogli di investimento per caso; più della legge, i mercati sono uguali per tutti, quei decenni strepitosi erano alla portata di chiunque ma solo uno è stato incoronato “Bond King”.
Quei critici che sminuivano le capacità di Bill Gross sbagliavano, ma non avevano torto nell’indicare l’eccezionalità delle condizioni finanziarie di quel periodo, il più favorevole mercato obbligazionario della storia moderna, quattro decenni di deflazione in cui “il rendimento reale su base annua dell’indice obbligazionario globale è stato del 6,3%, non molto lontano dal 7,4% delle azioni globali nello stesso periodo” (Credit Suisse Global Investment Returns Yearbook curato da Elroy Dimson, Paul Marsh e Mike Staunton).
La grande inflazione degli anni Settanta, l’innalzamento violento dei tassi nei primi anni del decennio successivo e il lungo ritorno verso la normalità sono stati all’origine della grande onda che i gestori obbligazionari hanno surfato con successo.
Bill Gross lo ha ammesso con onestà nel 2013, “tutti noi, anche i vecchi come Buffett, Soros, Fuss e, sì, anch’io, ci siamo formati durante il periodo forse più vantaggioso, l’epoca più attraente che un investitore possa vivere …”. Il “Re dei Bond” riconosceva l’eccezionalità delle condizioni straordinarie create dalla combinazione del passaggio al regime dei cambi flessibili e della grande discesa dei tassi.
“Probabilmente è stata l’epoca a fare l’uomo e non l’uomo a fare l’epoca” scriveva Gross a conclusione della sua newsletter dell’aprile di dieci anni fa.
Aveva ragione, il talento dei grandi investitori è fuori discussione ma nella Storia e nei mercati finanziari è l’epoca a fare l’uomo, non è l’uomo a fare l’epoca.
“Compra ciò che conosci” ammoniva un’altra leggenda nella gestione delle azioni americane. Ma non sappiamo come Peter Lynch si sarebbe comportato durante la grande corsa del settore tecnologico, né come avrebbe reagito alla crisi Lehman, quando venne travolto un settore familiare e molto ben conosciuto.
Benjamin Graham, padre dello stile di investimento “value”, nell’ultimo capitolo del best seller “The Intelligent Investor”, scrive che “se si dovesse distillare il segreto di un buon investimento in tre parole, azzarderei il motto: Margine di Sicurezza”.
Con “margine di sicurezza” Graham si riferiva alla differenza tra il prezzo di un’azione e il suo valore intrinseco. Nell’approccio “value”, quanto più il prezzo di un’azione è inferiore al suo valore intrinseco, tanto maggiore è il margine di sicurezza contro l’incertezza dei possibili ribassi e contro gli eventuali errori di valutazione. Il margine di sicurezza “è quando compri un dollaro con cinquanta centesimi”, sintetizza Warren Buffett, il più celebrato epigono di Graham.
Ma, a proposito di epoche che fanno gli uomini, chiediamoci quali sarebbero le scelte di investimento di Graham nel mercato di oggi, dove troverebbe qualsiasi margine di sicurezza in queste tiratissime valutazioni azionarie.
Che tipo di uomo fa la nostra epoca? Soprattutto, che epoca è la nostra? L’inflazione è riapparsa in condizioni straordinarie, prima “l’effetto molla” della domanda nel 2021, poi lo shock energetico nel 2022. Le banche centrali hanno reagito con lentezza, salvo recuperare il ritardo con aggressivi aumenti dei tassi e, in questa estate che si annuncia torrida, la manovra non è ancora conclusa.
L’atteso dato sull’occupazione di venerdì scorso non ha spostato di molto le analisi di scenario, i 209.000 nuovi posti di lavoro creati in giugno sono stati al di sotto delle attese, i dati dei mesi precedenti sono stati rivisti al ribasso ma, complessivamente, il mercato del lavoro tiene. La disoccupazione è scesa a 3,6% dal precedente 3,7%, la partecipazione della forza lavoro resta a 62,6%. Non abbastanza per distogliere la Federal Reserve dall’intenzione già annunciata di tornare ad alzare i tassi nella riunione di fine luglio.
Un consiglio antico e ormai anche un po’ logoro è quello di evitare il timing nei mercati però, negli ultimi tempi, è diventato difficile individuare il timing anche nel ciclo economico. Non sappiamo cosa accadrà nel prossimo futuro, troppo ampio il ventaglio dei possibili esiti, possiamo però dire con ragionevole sicurezza che il futuro richiederà agli investitori, come sempre ha fatto, flessibilità, pragmatismo, capacità di adattamento.
La grandezza di un investitore sta nella sua capacità di adattarsi a una nuova epoca, scriveva Bill Gross. In questa nostra epoca finanziaria ci stiamo lasciando alle spalle un lungo periodo di tassi eccezionalmente bassi, sostegni monetari straordinari e assenza di inflazione, anni di festa ininterrotta delle azioni, in particolare delle azioni growth, spinte a livelli record. Con miliardi di dollari di emissioni governative e societarie a rendimenti negativi, non era facile trovare alternative alle azioni, le obbligazioni fallivano nel loro ruolo di diversificatore del rischio, i portafogli bilanciati e multi-asset avevano perso il loro appeal.
Il cambiamento nello scenario sta cambiando le cose anche nelle scelte di investimento, il “safe haven” degli investimenti non consiste in una singola classe di attivo ma nella diversificazione non ingenua di Harry Markowitz che L’Alpha e il Beta ha ricordato la settimana scorsa. I portafogli bilanciati tornano sugli scudi, Barry Gilbert di LPL Research ha calcolato il rendimento di un portafoglio bilanciato 60/40 utilizzando il rendimento totale dello S&P 500 e dell’indice Bloomberg U.S. Aggregate Bond come proxy e mostra come le strategie bilanciate siano tornate a performare.
Il ritorno dei rendimenti nel reddito fisso consente di riequilibrare l’esposizione azionaria con obbligazioni governative e societarie di buona qualità: anche se la Federal Reserve non ha ancora terminato la fase di aumenti, la fine del ciclo restrittivo è prossima. Questa settimana segna l’inizio della nuova stagione degli utili societari e, soprattutto, mercoledì verrà pubblicato il nuovo dato dell’inflazione negli Stati Uniti, le previsioni di consenso stimano una marcata discesa dell’inflazione “headline” (da 4,0% a 3,1%) e un calo dell’inflazione “core” (da 5,3% a 5,0%).
In ogni caso è questione di tempo, le banche centrali riusciranno a curvare l’inflazione, non rivedremo le performance dei decenni sontuosi di Gross ma le obbligazioni tornano a rappresentare valore, torna la loro efficacia nel compensare il rischio dell’eccesso di ottimismo nelle aspettative degli utili azionari.
La protezione del capitale passa anche per le strategie alternative, market neutral e strategie obbligazionarie meno dipendenti dal più generale movimento dei mercati bond, ad esempio la parte corta della curva, le obbligazioni MBS, le obbligazioni ILS, il debito subordinato.
Nella componente azionaria, oltre ai temi ricordati nelle scorse settimane, Europa, economie emergenti, settori del lusso e della tecnologia, si può guardare con interesse alle valutazioni delle small-mid cap, alle aziende che trarranno vantaggio dagli investimenti nella sicurezza delle catene dell’approvvigionamento o nella transizione energetica: tornano interessanti le società dei settori industriale, energetico, dei materiali.
In questa fase in cui la manovra delle banche centrali non è ancora completata e il rischio di errori di policy non ancora escluso, la parola chiave è pragmatismo e capacità di adattamento.
Lo scriveva dieci anni fa Bill Gross, “e se ci fosse un futuro che richiedesse a un investitore di cambiare rotta, o almeno di imparare nuovi trucchi? Questa sì che sarebbe una prova di grandezza: la capacità di adattarsi a una nuova epoca”.
Fonte: AdvisorWorld.it
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