GAM: Si chiude uno dei peggiori semestri degli ultimi decenni e la seconda metà dell’anno si prospetta altrettanto complicata: scende la marea della liquidità delle banche centrali e scendono tutte le barche che aveva fatto salire, vanificando i benefici effetti della diversificazione.
A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR
Nonostante la complessità dello scenario si intravede però qualche segnale positivo
Manca l’acqua. L’Italia sta attraversando una delle più gravi siccità della storia recente, sono a rischio raccolti e attività economiche, le Regioni dichiarano lo stato di calamità naturale, si adottano misure di razionamento. Lo shock nella fornitura del gas russo accelera i piani per l’adozione di energia da fonti rinnovabili ma, nel nostro paese, proprio per la scarsità di acqua la produzione idroelettrica è crollata in questo semestre di circa il 40%.
La siccità non riguarda solo l’Europa del sud, un’ondata di caldo straordinario affligge anche gli Stati Uniti, la siccità sta assottigliando i bacini idrici nell’Ovest, il Parco Nazionale di Yellowstone è stato colpito da piogge intense e inondazioni. Negli Stati Uniti si preparano a fronteggiare un’altra estate punteggiata da incendi devastanti. È un’altra guerra, l’unica guerra che meriterebbe di essere combattuta dall’intera umanità, difendere il pianeta, impedire che il riscaldamento globale vada avanti provocando danni irreparabili. Invece, il tragico anacronismo della guerra, lo shock energetico e la miopia delle leadership mondiali disattendono gli impegni sul clima, aumentano l’impiego delle fonti fossili e riattivano impianti a carbone.
Nell’emisfero nord, il riscaldamento dell’Artico riduce la differenza di temperatura tra le fasce settentrionali e meridionali, gli studiosi dibattono su quali siano gli effetti di questo fenomeno sul clima. Le differenze di temperatura sono le forze che guidano i venti e mantengono i sistemi meteorologici in movimento intorno al pianeta. A fronte della riduzione delle differenze di temperatura, le correnti d’aria potrebbero rallentare ed essere la causa degli eventi meteorologici estremi, più frequenti e più persistenti.
È un’estate calda anche nei prezzi, l’Artico che si scioglie sono i prezzi dell’energia che aumentano l’inflazione e fenomeni estremi nei mercati. In Europa, a seguito della riduzione delle forniture di gas dalla Russia, in giugno i costi della bolletta energetica sono aumentati di oltre il 40%, i prezzi di prodotti alimentari, alcolici e tabacco sono aumentati di quasi il nove percento.
L’ultima rilevazione dei prezzi nell’Eurozona è stata di 8,6%, superiore alle attese di 8,3% e ben oltre l’8,1% del mese precedente. Fabio Panetta, membro del Board della Banca Centrale Europea, è tornato a parlare di gradualità nell’aumento dei tassi in quanto, a differenza degli Stati Uniti, “nell’Eurozona l’inflazione non riflette un eccesso di domanda”.
Dalle colonne del Financial Times Martin Sandbu è più o meno in sintonia, i banchieri centrali conservino il loro sangue freddo, esorta l’opinionista, “negli Stati Uniti la spesa nominale ha superato il trend pre-pandemia solo quest’anno e non è ancora avvenuto nel Regno Unito o nell’Eurozona”; inoltre, annota Sandbu, negli Stati Uniti la quantità degli acquisti è in linea con le dinamiche pre-pandemia, “non si tratta di una domanda impazzita, ma di una domanda in ripresa”.
Ma l’altro motore che alimenta l’inflazione oltre ai prezzi sono le aspettative sull’inflazione futura: la banca centrale deve intervenire per conservare sufficiente credibilità e deve dimostrare ferma determinazione se vuole impedire che si formino perversi automatismi tra inflazione rilevata e inflazione attesa. Il dato di venerdì accresce le probabilità che l’intervento sui tassi di luglio sarà superiore ai 25 punti base annunciati dalla presidente Lagarde.
Per i banchieri di Francoforte si complica il trilemma di invertire la direzione della politica monetaria, non causare danni eccessivi all’attività economica, non esacerbare la frammentazione finanziaria con i paesi fiscalmente più deboli. Un esercizio che sembra privo di soluzione, la recessione sembra più vicina, i mercati prezzano una discesa dei tassi nel 2023 mentre il Rapporto annuale della Banca dei Regolamenti Internazionali mette in guardia dalle probabilità di un “atterraggio duro” se dovesse persistere un’inflazione elevata.
Europea, i tre banchieri centrali più importanti del mondo hanno commentato la prima metà dell’anno e non hanno addolcito le prospettive della seconda metà. Nello scenario post-pandemia, e di guerra, sono in corso cambiamenti strutturali che avviano una fase nuova, “l’economia è guidata da forze molto diverse” ha detto Jerome Powell “non sappiamo se torneremo a qualcosa di più o meno simile a quello che avevamo prima”.
Anche Christine Lagarde e Andrew Bailey della Banca d’Inghilterra ritengono improbabile il ritorno dell’era di bassa inflazione che ha segnato gli ultimi decenni, coloro che governano l’economia e la moneta devono prepararsi a un’inflazione mediamente più alta rispetto al passato. La siccità fa mancare l’acqua ai terreni e le banche centrali drenano la liquidità dai mercati. “Solo quando la marea si ritira si scopre chi nuota senza costume” dice Warren Buffett.
Nella lunga estate calda dei mercati scende quello che è salito grazie all’ondata di liquidità delle banche centrali, è questa la grande differenza con le crisi del passato, quando il “boom and bust” riguardava singoli settori che generavano effetti aloni anche ampi ma che lasciavano illesi alcuni settori o aree. Oggi è diverso, la marea ha fatto salire tutte le barche, ora che si ritira tutte le barche tornano a scendere. Nell’ultima settimana del semestre c’è stata una certa ironica simmetria, i listini sono stati negativi come il semestre che hanno chiuso.
Per l’indice S&P 500 la performance di questi sei mesi è stata la peggiore dal 1970, il Nasdaq registra perdite attorno al 30%, il Bitcoin è crollato di quasi il 60% e ripiega in disordine nelle “valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza”. Non è andata meglio ai mercati obbligazionari, si sgonfiano i prezzi spinti in alto dai rendimenti negativi, i Treasury sono sotto dell’11%, i Bund tedeschi e gli altri decennali dell’Eurozona perdono tra il 12% e il 13%.
Al giro di boa di uno dei peggiori semestri degli ultimi decenni sembra che non ci siano posti dove nascondersi, è la “Fine della Bolla di Tutto”, “The End of the Everything Bubble”, come titolava un libro dello scorso anno con un facilmente profetico sottotitolo “perché sono a rischio mortale 75 trilioni di dollari di ricchezza privata”.
La gran parte dei risparmiatori o, perlomeno, la gran parte di quei risparmiatori con qualche competenza finanziaria o assistiti dalla consulenza professionale, tende a sopportare con buona grazia i rovesci dei listini azionari, sanno che nel breve termine i guadagni di borsa sono come “il tesoro dei folletti, ora rugiada dell’aurora, ora lacrime”, come scriveva José de la Vega nel 1688. Risultano però meno comprensibili, e sopportabili, le sottoperformance nella componente obbligazionaria che ha vanificato gli effetti della diversificazione.
Tutto gira attorno all’energia, scriveva L’Alpha e il Beta la settimana scorsa, l’inflazione è guidata dall’aumento dei prezzi di gas e petrolio, a loro volta funzione della guerra e dei nuovi equilibri globali. Per quanto imprevedibili siano i fattori politici, noi non attribuiamo molte probabilità all’ipotesi che l’inflazione “potrebbe terminare molto bruscamente” e neppure che “la vera inflazione potrebbe non essere ancora emersa” come ha scritto un analista. Pensiamo che nel lungo termine la crescita tornerà ad avanzare a tassi modesti nell’ipotesi della “stagnazione secolare”. Sarà la debolezza dell’attività economica a stemperare l’inflazione.
Ma anche in uno scenario cupo non mancano segnali positivi. Nell’Eurozona l’inflazione di fondo, che esclude i prezzi più volatili dell’energia e dei generi alimentari, ha registrato in giugno un lieve rallentamento al 3,7%. E se l’inflazione in Spagna e in Italia è stata sopra le attese, in Germania ha sorpreso favorevolmente grazie ai trasporti pubblici meno costosi e al taglio delle tasse sui carburanti.
Negli Stati Uniti il tasso di breakeven a 5 anni, a marzo a 3,5%, è ora attorno a 2,6%. I mercati condizionano le performance dei portafogli ma è aperto il dibattito su quanto esse siano condizionate soprattutto dalle emozioni. Con l’aiuto delle Lezioni settimanali del professor Paolo Legrenzi pubblicate sul nostro sito ricordiamo due dei molti possibili errori:
1.le nostre emozioni sono legate all’intensità delle storie e delle immagini: quanto più sono potenti, maggiore sarà la risposta emotiva e, dunque, la necessità di autocontrollo;
2.le paure e la percezione del rischio sono amplificate dai comportamenti collettivi, l’ansia avvertita negli altri crea cicli di feedback dannosi e auto-alimentanti; si tende così a sopravvalutare i rischi (valutati sulla base della gravità delle sensazioni) e si riducono gli orizzonti temporali.
Per queste ragioni, nelle fasi negative dei mercati aumenta la probabilità di scelte di investimento alimentate e rafforzate dai feed back emotivi scambiati tra gli investitori. Gli psicologi cognitivi parlano di “euristica degli affetti”, scorciatoie mentali che portano a decisioni rapide basate appunto sulle emozioni.
Ma come la paura del buio di un bambino non si supera con il ragionamento ma accendendo la luce, le emozioni si vincono con altre emozioni e convincenti narrazioni; quando è in gioco la paura della perdita la razionalità non aiuta, sono più utili alcuni accorgimenti:
1.si può provare ad allontanarsi dagli stimoli emotivi non prestando eccessiva attenzione alle notizie finanziarie, non controllando troppo di frequente il portafoglio; è lo stesso accorgimento che sconsiglia di aprire spesso il frigo quando si è a dieta;
2.le decisioni improvvise sono il più delle volte decisioni pericolose; quando si ha un’idea di investimento la si lasci sedimentare, pensiamoci sopra oppure, meglio ancora, discutiamola con un esperto di fiducia. Il tempo lasciato trascorrere tra una decisione d’impulso e la sua realizzazione è il setaccio dell’allontanamento che separa l’impulsività dalla ponderazione.
Non si tratta di regole ma di accorgimenti, un po’ come le corde che legavano Ulisse all’albero maestro della nave, anche lui consapevole di poter essere vittima dell’impulsività che lo avrebbe indotto a buttarsi in mare. Nel breve termine le fasi negative comportano perdite dolorose ma, se si pensa al ritiro della marea, si pensi che è in corso la rivalutazione dei flussi di cassa futuri, i valori fondamentali delle società non cambiano, nel lungo periodo i mercati azionari restano la bilancia che pesa il reale valore delle società. In definitiva, fasi come questa costituiscono un robusto test comportamentale, il “crogiuolo del dolore” che tempra le competenze e mette a prova la virtù della pazienza.
Fonte: AdvisorWorld.it
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