GAM: Il settore del lusso ha dimostrato notevoli capacità di reazione ai lockdown, alla guerra, all’inflazione, ai tassi, sostenuto da robuste dinamiche secolari.
A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR
Il fenomeno del “quiet luxury” orienta i consumatori verso le esperienze e le grandi case si adeguano per aumentare l’offerta e la fidelizzazione. L’investimento nel settore del lusso è una delle pietre che formano l’arco della diversificazione
C’è stato un tempo in cui era la Cina ad esportare beni di lusso in Europa. Nel XIII secolo, un diciassettenne veneziano fece il suo primo, lungo viaggio verso oriente al seguito del padre Niccolò e dello zio Matteo, ricchi mercanti con empori e magazzini a Istanbul e in Crimea. I tre si spinsero fino in Persia, poi proseguirono verso l’India e la Cina dove, dopo un viaggio durato quasi tre anni, arrivarono alla residenza estiva dell’imperatore. Marco Polo fu il primo europeo a svelare le meraviglie di quella parte del mondo lontanissima e sconosciuta, i resoconti raccolti nel “Libro delle meraviglie del mondo”, conosciuto come “Il Milione”, affascinarono nobili e borghesi, cominciò l’era degli scambi culturali e commerciali con l’oriente e la Cina.
Con il tempo, le spezie orientali, le porcellane cinesi, i tessuti indiani divennero oggetti ambiti e ammirati; dal Nuovo Continente arrivavano navi cariche di argento e beni alimentari come zucchero, caffè e tabacco, le carovane provenienti da oriente portavano oggetti costosissimi destinati al consumo elitario.
Erano diversi anche i costi, attrezzare una nave diretta in Asia costava l’equivalente di tre navi allestite per le rotte atlantiche, maggiori costi che anche allora venivano scaricati sui prezzi finali senza la paura di perdere clienti e mantenendo margini elevati. Il redditizio commercio con l’estremo oriente fece crescere l’interesse e la curiosità per tutto ciò che era esotico, l’oriente influenzò la moda e l’arte, le “cineserie” furono molto popolari nelle case patrizie e borghesi del XVIII secolo.
Oggi le parti si sono invertite. Dopo il “Secolo dell’Umiliazione”, come le autorità di Pechino definiscono il periodo che va dalla prima guerra dell’oppio alla repubblica popolare, e sull’onda lunga del successo del “socialismo con caratteristiche cinesi” di Deng, sono i cinesi a nutrire interesse per i prodotti occidentali, emulano le abitudini di consumo dei paesi avanzati, nella dieta aumentano le proteine ed esplode il problema dell’obesità, nei guardaroba si accumulano capi e accessori griffati ed esplodono i conti economici delle griffe occidentali.
I ricchi consumatori europei favorirono il successo di società come la Compagnia dei Mari del Sud o la Compagnia delle Indie Orientali, oggi i consumatori cinesi fanno scalare ai grandi imprenditori del lusso le classifiche dei più ricchi del mondo, i “Signori degli anelli” surclassano anche i “Master of Universe” della tecnologia.
In quel libro fantastico che è Le città invisibili, il Kublai Khan di Italo Calvino chiede a Marco Polo, che gli parla delle pietre che formano l’arco “perché mi parli delle pietre? È dell’arco che mi interessa” “Senza pietre non c’è arco” risponde Marco Polo.
L’arco del portafoglio è costruito con le pietre dei singoli strumenti di investimento, le dinamiche dei consumi dei beni di alta gamma sono una di quelle pietre. I disastri degli ultimi anni, lockdown, guerra, inflazione, tassi, non hanno granché intaccato il settore del lusso che ha dalla sua il supporto di robuste dinamiche secolari. Dopo la contrazione del 2020 il settore ha ripreso slancio, i motori che fanno superare le turbolenze e tengono in volo l’industria dei beni di alta gamma sono i consumatori americani e cinesi, i più numerosi ma anche i più spendaccioni del mondo.
Un reportage da Shanghai del New York Times di pochi giorni fa raccontava della ventiquattrenne Sunny Zhang, 24 anni, in fila al negozio Chanel per acquistare una borsa. Una delle cinque o sei borse che acquista ogni mese perché “mi piace cambiare la mia borsa ogni giorno”. Prima dei confinamenti causati dalla pandemia, la Cina rappresentava circa un terzo delle entrate del settore, nel 2023 il paese più popoloso del mondo è tornato ad essere il principale motore di spinta del lusso. Un po’ per l’effetto “spending revenge” del post pandemia, un po’ per la ricchezza che si sta accumulando nella nuova borghesia emergente, fatto sta che i consumatori cinesi e asiatici stanno regalando ampi sorrisi all’industria del lusso e agli investitori.
In Cina i consumi di alta gamma stanno recuperando più velocemente dell’economia del Paese, l’Ufficio Nazionale di Statistica riporta che in marzo le vendite al dettaglio di gioielli, oro e argento sono aumentate del 37,4% rispetto all’anno precedente, tre volte più veloce rispetto alla ripresa delle comuni vendite al dettaglio.
I risultati del primo trimestre delle aziende del settore confermano l’accelerazione della crescita, i marchi di lusso più noti hanno messo a segno una crescita superiore al 20% su base annua. Il lusso però non si alimenta solo degli acquisti per il possesso. “Wealth whispers”, “i soldi parlano, la vera ricchezza sussurra” recita un vecchio adagio. La graduale affermazione del “quiet luxury”, la qualità che non ostenta, rivela anche il rifiuto della “dittatura” degli influencer, conferma a distanza di decenni quanto avesse ragione Coco Chanel, “la moda passa, lo stile resta”.
Il “quiet luxury” si orienta anche verso le “esperienze”: aumenta il turismo nei luoghi d’arte e verso destinazioni poco conosciute, aumenta la domanda di soggiorni nei resort e le prenotazioni per esperienze gastronomiche in ristoranti stellati. Dopo tre anni di assenza tornano in Europa i turisti cinesi e anche loro si stanno orientando verso le “esperienze”. Swetha Ramachandran di GAM Investments riporta che nel 2022 la spesa assoluta dei cittadini cinesi si è ridotta del 35% rispetto ai livelli pre-pandemia, un dato che corrobora l’opinione che l’uscita dalle politiche “zero Covid” avrà un impatto positivo sulla domanda di lusso.
Swetha ha analizzato il potenziale “ammanco” nei ricavi derivanti dai consumatori cinesi tra il 2019 e il 2022. Nell’assunzione prudente di una crescita annua della spesa in prodotti di lusso dei consumatori cinesi del 6% (inferiore all’8% di prima della pandemia), tra il 2019 e il 2022 il settore avrebbe perso circa cinquanta miliardi di euro. Su questa ipotesi prudente, le aspettative di consenso su una ripresa del 25-30% dei consumi cinesi di lusso nel 2023 restano comunque molto conservativa, soprattutto alla luce della robusta ripresa dei viaggi cinesi prevista nell’inizio della stagione calda e delle vacanze.
I prezzi non sembrano incorporare completamente le prospettive di crescita, il fenomeno della “revenge spending” è tutt’altro che esaurito, “l’appetito dei consumatori per il lusso rimane forte” scrive Swetha “il consumatore cinese che viaggia è la chiave della ripresa”. Per ragioni fiscali, circa la metà della spesa di lusso dei cittadini cinesi prima della pandemia è stata effettuata al di fuori della Cina continentale, la spesa media di un singolo viaggiatore è di 1.600 euro per acquirente contro i 950 euro dei viaggiatori di altri paesi.
L’orientamento dei consumatori verso le “esperienze” renderà sempre più stretto il rapporto tra turismo, ospitalità e vendita. Grandi marchi della moda hanno rilevato pasticcerie storiche di Milano, Tiffany ha promosso una iniziativa analoga con i Blue Box Café a New York e Londra. L’ospitalità di lusso ha avviato i cantieri di nuovi hotel esclusivi, nel giro di due anni attorno all’area di Bond Street a Londra verranno aperti dieci nuovi alberghi di lusso, altri verranno inaugurati a Vienna, Monaco, Amsterdam, Istanbul.
Sono informazioni che interessano anche gli investitori perché “l’integrazione tra l’ospitalità e le vendite dei beni di lusso offre ai marchi un altro flusso di ricavi per incrementare la fedeltà dei clienti”, l’integrazione tra gli acquisti per il possesso e il consumo di esperienze allunga l’offerta e migliora le prospettive di business nel lungo periodo. Ottime ragioni per avere anche la pietra del lusso nell’arco della diversificazione del portafoglio.
Fonte: AdvisorWorld.it
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