Lo sblocco dell’ESM mette a posto un altro tassello del meccanismo di gestione della crisi, riducendo ulteriormente i rischi. Ovviamente, restano dei potenziali focolai di crisi di breve termine (Spagna e Grecia) da gestire…….
Inoltre, i tempi del risanamento fiscale e della ridefinizione della struttura istituzionale dell’eurozona sono necessariamente lunghi.
Dopo l’annuncio BCE, la fiducia nell’efficacia del meccanismo europeo di salvaguardia ha ricevuto impulso anche dallo sblocco dell’ESM da parte della corte costituzionale tedesca. Le condizioni poste dalla Corte Costituzionale di Karlsruhe (che la quota tedesca nel capitale autorizzato per l’ESM non superi quella attuale, cioè 190 miliardi, e che nessuna clausola possa essere interpretata in modo che possa generare maggiori obbligazioni senza il consenso del rappresentante tedesco) non appaiono particolarmente stringenti, in quanto era già chiaro da tempo che sarebbe stato molto improbabile un aumento del capitale autorizzato.
Peraltro, la decisione della BCE di intervenire a supporto dei programmi EFSF/ESM nell’ambito di una divisione dei ruoli (con la BCE a sostenere i corsi sul mercato secondario e i fondi ad agevolare il rifinanziamento del debito con interventi sul mercato primario) riduce significativamente l’importanza del tema dell’adeguatezza dei fondi europei. Il Presidente della Repubblica federale ha già promulgato l’atto di ratifica, il che fa sì che lo European Stability Mechanism possa tenere la riunione inaugurale del board l’8 ottobre (il versamento delle due rate previste per quest’anno, per un totale di 32 miliardi, avverrà già a ottobre). Certamente la modalità di funzionamento del fondo, anche per i vincoli imposti dalla Costituzione della Germania, rimane soggetta a rischi politici: la necessità di consultare i Parlamenti nazionali che prevedano tale procedura, quello tedesco in primis, e il rischio che si creino minoranze di blocco in seno all’ESM.
Al riguardo, l’esito delle elezioni in Olanda ha ridotto le preoccupazioni in tal senso, visto che si è verificato un deciso arretramento dei partiti anti-europei e la nuova coalizione di Governo dovrebbe garantire una comunicazione più ortodossa.
Peraltro, i recenti sviluppi non mettono la parola fine alla crisi, in quanto restano dei focolai di crisi di breve termine e una lunga strada da percorrere nel medio termine. Circa il breve termine, i potenziali focolai di crisi restano la Spagna e la Grecia. In Spagna, si attende il report realizzato dalle società PwC, Deloitte, Ernst & Young e KPMG circa le necessità di finanziamento dei singoli istituti finanziari, propedeutico all’esatta quantificazione dell’ammontare (e delle condizioni) del pacchetto di aiuti alle banche. Resta inoltre aperta la possibilità che il Paese, probabilmente nel mese di ottobre, si trovi costretto a formalizzare una richiesta di aiuto orientata al rifinanziamento del debito pubblico. Soltanto in caso di ritorno dei capitali esteri sul proprio mercato, la Spagna potrebbe evitare tale passo. In Grecia, al momento in cui si scrive, sono ancora in corso i negoziati con la Troika, che ha sollevato dubbi sulla capacità del Governo di reperire almeno 2,2 degli 11,5 miliardi di misure aggiuntive richieste per il biennio 2013-14. Samaras ha proseguito con le trattative con i creditori ufficiali, anche se la mancanza di un appoggio incondizionato da parte dei partiti che lo sostengono in Parlamento rende la sua missione estremamente complessa. La posizione dell’Eurogruppo appare solo moderatamente morbida: i margini di flessibilità concessi si limiterebbero alla concessione di più tempo ma non più soldi al Paese ellenico.
La decisione non dovrebbe arrivare prima di ottobre. La ridefinizione della struttura istituzionale dell’eurozona, altro cantiere aperto in questo lungo processo di risanamento, necessariamente richiederà molto tempo. Il presidente UE Van Rompuy ha sottoposto ai governi dei 27 e al Parlamento UE un ambizioso programma di lungo termine, in vista della preparazione del “Rapporto dei 4 presidenti” (oltre a Van Rompuy, Barroso, Draghi e Juncker) su cui si aprono le consultazioni la prossima settimana. Il tema che sarà affrontato più rapidamente appare quello dell’unione bancaria: la Commissione Europea ha presentato in settimana la sua proposta sul meccanismo unico di vigilanza (SSM), passo necessario perché i fondi europei possano ricapitalizzare direttamente le banche in difficoltà. La Commissione prevede di attribuire alla BCE i poteri ultimi di vigilanza su tutte le banche; tuttavia, dal gennaio 2013 fino al 30 giugno 2013 sarà la BCE a determinare su quali enti creditizi vigilare; dal 1° luglio estenderà la sua attività a tutte le banche di rilevanza sistemica, per poi assumere il pieno controllo dal 1° gennaio 2014. La Commissione spera che Parlamento Europeo e Consiglio riescano a raggiungere una convergenza sul testo finale dei regolamenti entro fine 2012: un’ipotesi forse ambiziosa, viste le lungaggini che hanno caratterizzato altre recenti riforme e le resistenze di alcuni Stati membri, fra i quali la Germania, a cedere i poteri di supervisione bancaria.
I provvedimenti saranno approvati a livello di Unione Europea, ma si applicheranno soltanto agli Stati membri dell’Eurozona; per gli altri Stati, l’adesione è prevista su base volontaria. Circa gli altri temi al di fuori dell’unione bancaria la strada è ancora lunga, ma il fatto che Germania e Francia abbiano avviato un gruppo di lavoro con l’obiettivo di giungere a una proposta di modifica dei Trattati entro fine anno segnala che anche i politici dei Paesi core si vanno via via convincendo che la crisi potrà essere superata solo con una maggiore integrazione fiscale (e politica). La crisi ha avuto, se non altro, il pregio di mostrare che non c’è alternativa a percorrere questa strada.
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