Durante la notte i listini azionari si sono mossi in territorio negativo con l’ASX200 australiano arretrato dello 0.6% ed il Nikkei dell’1.2%. La chiusura settimanale negativa arriva dopo che ieri sera le borse americane avevano già chiuso in rosso (Standard and Poor’s 500 -0.36%, Dow Jones -0.42% e Nasdaq -0.31%). La reazione alla decisione della BCE di non toccare l’attuale politica monetaria non è stata quindi ottimale dal momento che anche le borse europee ieri hanno chiuso intorno alla parità…..
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Analisi a cura di Bonetti Financial

Come ipotizzato Mario Draghi ha preferito agire alla stessa maniera di Mark Carney: da una parte non apportare alcuna modifica alla politica monetaria dell’Eurozona, dall’altra lasciare la porta aperta a futuri interventi in caso di necessità. Doveroso specificare che, prendendo in considerazione il recente passato, quella di ieri è indubbiamente stata la conferenza stampa meno importante. La reazione del mercato infatti, al contrario di quanto si era visto nelle ultime occasioni, è stata decisamente contenuta sia nel valutario che nell’azionario.
Mario Draghi, a conferma della decisione di momentaneo immobilismo, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha aggiunto che in questa occasione l’ampliamento dell’attuale programma di Quantitative Easing non è nemmeno stato discusso, il suo orizzonte temporale è stato quindi confermato al 2017 e, sempre secondo lo stesso Draghi, i tassi di interesse rimarranno molto bassi anche ben oltre quel termine. La questione Brexit, che aveva catalizzato tutta l’attenzione su di sé, ha comunque dato la possibilità a Draghi di lasciare in secondo piano il fastidiossissimo problema dell’inflazione. La crescita dei prezzi, che la BCE deve perseguire con tutti i mezzi a propria disposizione, continua ad essere estremamente lontana dal target di quella che viene definita stabilità dei prezzi (CPI a ridosso del 2%).

La situazione di Draghi e Kuroda (Bank of Japan) è sempre più simile, con i due governatori impegnati nell’ apparentemente vano tentativo di stimolare l’inflazione, con Il rischio che, in caso di insuccesso, la loro stessa credibilità venga meno, e questo rappresenterebbe un elemento decisamente negativo e destabilizzante.
Fonte: BONDWorld.it
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